I giornalisti servono a creare nuove parole

Visualizza PDF – 2018-12-15-Libero-Fraja

In un volume della Treccani i 3500 neologismi usati sulla carta stampata che in dieci anni sono entrati nell’italiano parlato

La lingua non è materia inerte, né arido involucro re­frattario ad ogni forma di con­taminazione. È come una spu­gna: assorbe ed espelle lem­mi, destruttura il verbo tale e dà dignità al verbo talaltro. Può soffocare il linguaggio op­pure alimentarlo, ucciderlo o rinvigorirlo. Essendo esposta alle tempeste lessicali prodot­te dal mutare delle tendenze culturali e linguistiche della so­cietà, può alterare il rapporto tra significato e significante. Negli ultimi dieci anni, per di­re, sui giornali italiani, sono comparsi oltre 3500 neologi­smi. Parole nuove di zecca, a volte completamente inventa­te, altre e tanto per cambiare mutuate dall’inglese.

Le hanno raccolte in un vo­lume interessantissimo (Neologismi. Parole nuove dai giornali 2008-2018. Treccani editore) due esperti del ramo, Valeria Della Valle e Giovan­ni Adamo. Di questi 3.505 neologismi, 2.617 sono parole singole, ad esempio “viralizza­re” e 888 espressioni compo­ste, come “bolla finanziaria”. Informatica, finanza, medici­na sono i settori che, negli ulti­mi due lustri, hanno sfornato parole nuove al ritmo di un opificio cinese. «Ogni giorno ci sono nuove scoperte, quindi arrivano parole da tutto il mondo, a volte tradotte in ita­liano, come “nanofarmaco”», spiega la Della Valle.

Il volume affastella termini i più stravaganti e immaginifici: da “barcamenista”, creato dal critico televisivo Aldo Grasso a “lanacaprinesco” inventato da Mina, a “dichiarazionite”, parto del columnist Pierluigi Battista ( dicesi “dichiarazioni­te” quella particolare forma di incontinenza parolaia di cui pare soffra una discreta aliquo­ta di politici italiani).

LA DESINENZA «CRAZIA» La parte del leone la recita­no, tuttavia, le parole che ter­minano ìn “crazia”: 27 i nuovi ingressi. Da “zerbinocrazia” ( copyright Massimo Gramelli­ni) a “maggiordomocrazia”, firmato Paolo Guzzanti (i due termini, sostanzialmente sino­nimi, stanno a identificare la tendenza del potere politico ad assumere un atteggiamen­to di prostrazione rispetto ad altri poteri). Il direttore del Fat­to Quotidiano, Marco Trava­glio ci ha aggiunto di suo “al­trovecrazia”, l’inclinazione ad assumere decisioni importan­ti lontano dai luoghi a ciò de­putati: le urne e il Parlamento. “Le parole non capitano mai per caso, vuol dire che i giornalisti e chi fa opinione sente il bisogno di alludere a un potere che ci sovrasta” scri­ve la Della Valle. Si diceva della pervasività e invasività della lingua inglese. Ebbene, nei due ultimi lustri l’idioma di sua maestà la regi­na d’Inghilterra ha raddoppia­to il numero dei termini entra­ti nel lessico di Dante e di don Lisànder Manzoni. Nel nostro modo di parlare sono apparse 15 nuove parole composte da “food”, 17 termini con “gen­der”, idem sicut supra per “smart”. Sul totale dei neologi­smi italiani, i termini albionici sono schizzati dal 10 al 20,11 per cento. “Un elemento mol­to preoccupante a nostro mo­do di vedere” ammettono i due autori. Ma l’aspetto sicuramente più divertente della questione è l’irrompere nella nostra lin­gua di alcune parole nuove e spiritose coniate da un inso­spettabile, papa Francesco. Da “giocattolizzare”, far diven­tare tutto un gioco, a “mafiar­si” cioè adeguarsi ai metodi criminali della mafia, passan­do per “balconare”, rimanere al balcone a guardare, senza prendere posizione, i neologi­smi di Bergoglio attingono al­la lingua spagnola e puntano a farsi capire a persone di ogni luogo e estrazione sociale.

IL QUADRO DI UN’EPOCA Spassosa la sua “misericor­dina”, sorta di immaginario farmaco spirituale una confezione con un rosario e un im­magine di Gesù) che il Pontefi­ce ha fatto distribuire ai pelle­grini in Piazza San Pietro. In un’epoca di pressioni, lavoro e consumo senza orari, Bergo­glio mette, infine, in guardia dal “martalismo”, un termine che prende il nome da Marta, sorella di Lazzaro, e indica “l’eccessiva operosità, quella inutile, di coloro che si immer­gono nel lavoro, trascurando il riposo e le parole di Gesù”. «Alcune parole non hanno fatto in tempo a rientrare nel dizionario, come il “fascisto­metro” di Michela Murgia. Ma continuiamo a registrare i neologismi nella banca dati dell’Istituto per il Lessico Intel­lettuale Europeo e Storia delle Idee, del Cnr», assicura Della Valle. «Molte parole sono lega­te al momento in cui vengono coniate e difficilmente rimar­ranno nella lingua italiana, al­tre resteranno, non possiamo ancora sapere quali. Ma sono tutte interessanti, perché foto­grafano un momento storico e, rileggendole tra 30 o 50 an­ni, si avrà il quadro di un’ epo­ca».

Da evidenziare che il volu­me mette a disposizione dei lettori una serie di strumenti utili alla comprensione dei meccanismi di formazione delle nuove parole e delle ca­ratteristiche del linguaggio giornalistico.

Un libro da tenere sul como­dino insomma.

 

ALBERTO FRAJA