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S’intitola Translatio linguarum. Traduzioni e storia della cultura (Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2016, pagine IX + 76) il piccolo prezioso libro, secondo degli «Opuscula» del Lessico intellettuale europeo, sullo studio delle traduzioni che Tullio Gregory dedica agli amici del Lessico nel suo cinquantenario. Un panorama che dal mondo ellenistico arriva al Novecento e di cui in questa pagina pubblichiamo l’inizio. Avvio che si apre sugli «innesti continui» tra culture ai quali contribuirono in modo decisivo le traduzioni dei testi sacri, soprattutto giudaici e cristiani. Dunque non a caso, dopo la lettera ai Romani, la prima nota del libro (cui si riferisce la frase «è stato felicemente notato») rinvia a Ernesto Buonaiuti, di cui il giovanissimo Gregory ha potuto seguire le ultime lezioni. E alla Scrittura allude anche la conclusione: «Se la condanna alla pluralità delle lingue è una conseguenza del tentativo degli uomini, dopo il diluvio, di costruire una loro città con una torre che raggiungesse il cielo, la traduzione — ove manchi il miracolo della Pentecoste — è la risposta umana alla condanna di Yahvè».
(g. m. v. )