Visualizza PDF – 2014-06-01-Pozzo-Sole24ore
Si è d’accordo che una biblioteca digitale sia uno spazio in cui mettere insieme collezione, servizi e persone per la creazione, l’accesso e la conservazione dei dati e dunque per l’informazione e la conoscenza. La prima occorrenza del sintagma risale
al 1971; e la prima “digital library” fu infatti il progetto Gutenberg, avviato da Michael Hart con l’obiettivo di costituire una biblioteca di versioni elettroniche liberamente riproducibili di libri stampati. Ma così come esistevano biblioteche digitali ben prima di internet, è anche vero che ve ne furono ben prima che le si chiamassero così, quando gli unici supporti di registrazione erano le schede perforate, poi sostituite dai nastri magnetici e quindi dai floppy disk. Il primo a svilupparle in Italia fu il Cnr, a partire dal 1963, quando il suo raggio d’azione si ampliò finalmente a 360 gradi con l’ingresso delle scienze umane, rendendo possibili imprese quali lo Index Thomisticus di Roberto Busa, concepito nel 1946 e pubblicato nel 1980 in 56 volumi con il sostegno
dell’istituto di Linguistica Computazionale-Cnr diretto da Antonio Zampolli, e il Vocabolario Giuridico Italiano, creato da Luigi Lombardi Vallauri presso l’Istituto di Teoria e Tecnica dell’Informazione Giuridica Cnr a partire dal 1968.
Per antichità, ampiezza e longevità, il primato spetta tuttavia all’Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee-Cnr, diretto oggi da Antonio Lamarra e fondato da Tullio Gregory con la collaborazione di Tullio De Mauro il 29 maggio 1964, esattamente cinquant’anni orsono, come gruppo di studio del Cnr presso l’Istituto di Filosofia dell’Università di Roma. Nel corso dei decenni, l’istituto fu luogo di studio e di formazione di giovani ricercatori, oggi eminenti studiosi. La sua “raison d’être” fu mettere a disposizione degli studiosi una biblioteca digitale che servisse a una più rigorosa lettura storica dei testi filosofici e dei documenti del periodo in cui si formava il patrimonio della cultura europea.
La biblioteca era inizialmente composta da 100 testi di filosofi e scienziati pubblicati tra il 1600 e il 1800, tra i quali molti di Galileo, Descartes, Spinoza, Leibniz,Vico e Kant. Si trattava, appunto, di testi lemmatizzati, i metadati dei quali permettevano di trovare velocemente e facilmente lemmi e sintagmi, ampliando la ricerca da un testo ad altri, con il ricercatore che diveniva agente e il documento dinamico, in relazione a utenti diversi in momenti diversi.
Contro l’impostazione speculativa della storiografia idealistica, che lasciava in secondo piano Io studio dettagliato del testo, e con una buona dose d’innovazione di marca Cnr, Gregory aprì la stagione di una storia delle idee strettamente legata alla storia del Lessico, nella convinzione che le idee non vivono in un mondo iperuranio, pure e immacolate, ma si incarnano nei segni linguistici, impuri, spesso ambigui; segni linguistici che sono portatori di una lunga storia, crocevia di esperienze molteplici nell’intrecciarsi di correnti di pensiero e di lingue diverse, nella continua trascrizione e traduzione da una ad altra cultura. lI Lessico è uno dei pochissimi progetti a forte componente informatica che continuano a prosperare a cinquant’anni dalla nascita. La collana omonima, pubblicata presso Olschki, ha pubblicato il centoventiduesimo volume; è in preparazione la quindicesima edizione dei colloqui triennali dell’istituto (dopo Locus-Spatium, nel 2013). Attorno alla sede nella Villa Mirafiori è venuta costruendosi nei decenni una rete amicale e di studio di una comunità aperta all’Europa, che non ha prodotto solo libri, pur eccellenti, ma trasformato un modo di fare storia della filosofia. Anche chi è passato per il Lessico solo per una borsa di studio o ha partecipato a un colloquio si è sentito parte di un mondo più grande cui ha dato un contributo. Sono i segni di un’ininterrotta translatio studiomm e ci auguriamo che l’impresa continui ad multos annos.
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