Splendori e miserie della dea Ragione

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Idee – In un convegno la storia di una delle parole-chiave della civiltà occidentale

Nelle sue opere, San Tommaso d’Aquino ha usato la parola «ragione» trentaseimilatrecentotrentacinque volte. Senza per questo esaurire tutti i significati del termine e del concetto.

«Gli è bastato, però, per rendere razionale tutta la teologia cattolica», commenta sorridendo il professor Tullio Gregory, direttore del Lessico Intellettuale Europeo, un organismo del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il Centro è stato la sede di un colloquio internazionale appena conclusioni, che ha visto specialisti europei di storia della cultura, di filologia, di lessicografia e di informatica discutere intorno a uno dei grandi principi della cultura europea: la «ratio», la ragione, appunto.

Il Lessico Intellettuale Europeo è il più importante centro di scienze storico-umanistiche d’Italia. E’ dal 1974 che i suoi colloqui triennali sottopongono al metodo storico-critico lo sviluppo delle parole e delle idee che hanno man mano composto la memoria culturale del nostro continente. E così, convegno dopo convegno, le parole «ordine», «cosa», «spirito», «fantasia», «idea», «ragione» stanno pazientemente ridisegnando la mappa di un cammino che non deve essere smarrito.

«Sono tutti temi che hanno avuto un’articolazione culturale amplissima e, spesso, insospettata» spiega il professor Gregory. Un esempio? La parola «fantasia»: è un concetto fondamentale nella medicina araba e nella magia medioevale.
Per entrambe, era la facoltà che permetteva di modificare la realtà. E anche la parola «ratio-ragione» parte da lontano: originariamente, voleva dire calcolo. Non per nulla il «ragioniere», in molte lingue europee, tramanda ancora oggi il primitivo significato latino dell’espressione.
«A poco a poco – ci riassume il professor Gregory – la parola ha abbracciato anche il soggetto del calcolo, l’attività del calcolare. Ed è diventata l’espressione di una qualità dell’uomo. E in quanto tale, anche se variamente definita e altrettanto variamente considerata, la ragione è diventata la facoltà di coordinare varie proposizioni tra di loro e di strutturarle secondo alcuni principi ed alcune regole. È un discorrere, un passare, da premesse a conclusioni e poi da queste a conclusioni ulteriori».

Come dire: basta una parola per farci comprendere quanto poco effimera sia la storia che viviamo.
E come in una sola idea convergano; simultaneamente, la cultura greca classica, la mediazione della latinità, la fatica dei grandi autori dei manuali medioevali, il genio dei matematici antichi, la passione dei filosofi, le astrazioni dei giuristi, le certezze dei teologi e tante altre cose ancora. Che ci permettono di costruire la modernità con una «ratio» diventata causa, mezzo, essenza delle cose, dimostrazione, proporzionalità, rappresentazione di Dio, mediazione per la concezione del mondo, strumento critico con cui l’uomo costruisce la sua storia…
Non è un po” troppo? Negli ultimi decenni sempre più frequentemente viene notato l’emergere di pulsazioni fortemente critiche nei riguardi della ragione: la paura per i progressi della scienza e per i danni che questa potrebbe causare all’uomo, la rinascita di forme di religiosità obsolete, il successo delle religioni orientali e l’ostilità di queste verso quelle occidentali perché accusate di essere, a loro volta, troppo razionali.

Che ne pensa il professore? «Il problema è sempre quello delle scelte individuali: se ancora crediamo che l’uomo si caratterizza per la ragione critica, cioè per la capacità che ha di costruire il suo mondo o, comunque, di cercare di capirlo con lo strumento chiarificatore del raziocinio, non si può non scegliere un tipo di ragione critica. Se invece si ritiene che l’atteggiamento verso la realtà esterna sia quello della compartecipazione affettiva a questo fluttuante mare dell’essere, allora il problema cambia profondamente».

E a cosa serve la ragione quando, come ci avvertono i sociologi, la moderna pretesa di fondare una cultura globale si dovrà confrontare con i tanti ghetti dentro i quali saranno asserragliate tutte le vittime dell’esplosione demografica, dell’alfabetizzazione, della disoccupazione, dell’informatica” e di quanto altro? «II primo compito della ragione sarà sempre quello di tentare di inglobare tutti. E di giustificare il coraggio necessario a progettare culture che non si oppongano a quella grande società alla quale apparteniamo tutti ugualmente. Il ghetto è sempre prodotto dell’irrazionalità, della diffidenza irragionevole verso l’altro. E non dimentichiamo che, da Socrate a Platone, da Moro a Campanella e a Bacone, tutte le grandi utopie storiche sono sempre state figlie della ragione».